Ricerca-studio sulle formulazioni nutraceutiche
PREMESSA
L’attuale pandemia di COVID19 (“Coronavirus Disease 2019”), causata dall’emergenza e dalla rapida diffusione in tutto il mondo del virus SARS-CoV-2 (“Severe Acute Respiratory Syndrome-Coronavirus Type 2), sta rappresentando ovunque un imponente sfida sanitaria, sociale ed economica. Alla data attuale ( 30 dicembre 2020), in Italia più di 2 milioni di persone hanno contratto il SARS-CoV-2, verificate tramite l’identificazione del virus nella saliva con tampone, e oltre 72000 pazienti sono deceduti. Nel mondo, i casi confermati superano gli 80 milioni e i deceduti quasi 2 milioni (fonte: covid19.who.int). Tuttavia, la prevalenza reale potrebbe essere significativamente più alta, poiché la patologia sembra decorrere in modo asintomatico o paucisintomatico in più della metà dei casi di infezione. Durante il 2020, in Italia il tasso di mortalità per ogni causa negli anziani (>75 anni) è aumentato del 47% nei mesi della prima ondata (marzo-maggio) e del 36% nei mesi della seconda ondata (settembre-dicembre), rispetto agli stessi mesi del 2019. Nella popolazione più giovane l’aumento della mortalità è stato più contenuto ma comunque superiore al 15%, con la sola eccezione dei soggetti in età pediatrica (Fonte: ISTAT).
I soggetti a maggior rischio di contrarre una forma grave di malattia, tale da richiedere il ricovero in terapia intensiva e la ventilazione meccanica, sono quindi i soggetti anziani (età >70 anni), di sesso maschile (l’85% dei malati COVID19 in terapia intensiva sono uomini), con comorbidità multiple come ipertensione, scompenso cardiaco, diabete mellito o malattie respiratorie croniche (T. Chen et al., 2020) (Bhatraju et al., 2020). Tuttavia, non mancano casi con esito infausto in soggetti giovani e senza comorbidità evidenti, sottolineando l’imprevedibilità della presentazione clinica di questa patologia. La popolazione pediatrica, invece, appare relativamente protetta dalle conseguenze più gravi dell’infezione, in particolare i bambini fini ai 10 anni.
Per i pazienti ospedalizzati, il trattamento si basa essenzialmente sull’attento monitoraggio dell’insufficienza respiratoria, gestita tramite un approccio sequenziale, dal semplice ossigeno inalato, al supporto parziale con CPAP (“continuous positive airway pressure”) fino alla sedazione con intubazione e totale ventilazione meccanica per i casi più gravi(Meng et al., 2020). Al contempo nei pazienti ricoverati devono essere accuratamente prevenute e controllate le complicanze legate all’intensa reazione infiammatoria generalizzata legata all’infezione, in particolar modo le complicanze cardiovascolari (Akhmerov & Marban, 2020)e trombotiche, che possono mostrare diversi livelli di gravità, fino a una estesa coagulazione intravascolare disseminata (CID) che interessa elettivamente i vasi polmonari(Bikdeli et al., 2020). L’approccio farmacologico più diffuso prevede pertanto l’uso di cortisonici per uso sistemico e di anticoagulanti parenterali (eparina o derivati). L’approccio terapeutico è reso difficile dalla relativa assenza di trattamenti farmacologici specifici (Sanders, Monogue, Jodlowski, & Cutrell, 2020). L’inibitore della Interleuchina-6 (IL6) Tocilizumab, utilizzato con il razionale di impedire la tempesta citochinica che ha luogo nei casi più severi, nonostante le iniziali speranze (X. Xu et al., 2020) non si è mostrato capace di ridurre il rischio di ammissione in terapia intensiva o la mortalità nei pazienti COVID19 (Colaneri et al., 2020). Il nuovo antivirale Remdesivir non ha mostrato risultati soddisfacenti in un primo studio condotto in Cina (Mullard, 2020) , ma una successiva analisi retrospettiva dei casi di uso compassionevole del farmaco ha mostrato una percentuale di recupero dei pazienti superiore al 65% (Grein et al., 2020), tanto che il farmaco ha ricevuto una prima approvazione dalla FDA statunitense per l’uso in questa patologia. Rimangono tuttavia numerosi dubbi, e numerosi studi sono in corso in tutto il mondo per stabilire il reale vantaggio clinico associato al remdesivir. Il plasma dei guariti ha mostrato risultati piuttosto positivi in alcuni studi (Bloch et al., 2020), ma il suo uso presenta numerose limitazioni tecniche e organizzative. Anticorpi monoclonali neutralizzanti sono in fase di sperimentazione ma ad oggi non sono dispinibili per l’uso clinico. L’ uso del farmaco antimalarico e antireumatico idrossi-clorochina ha mostrato alcuni risultati positivi nel ridurre la gravità della presentazione e la mortalità da COVID19 (Ferner & Aronson, 2020), ma l’assenza di studi clinici randomizzati (Keshtkar-Jahromi & Bavari, 2020) e i gravi effetti collaterali, in particolare le aritmie cardiache potenzialmente letali (Jeevaratnam, 2020), riducono la speranza di un suo utilizzo esteso come farmaco per la prevenzione o il trattamento del COVID19.
Risulta evidente come, allo stato attuale, l’unica arma efficace contro il coronavirus rimanga la prevenzione. I vaccini specifici, che saranno disponibili per un’ampia fetta della popolazione nel corso del 2021 (Corey, Mascola, Fauci, & Collins, 2020), rimangono il potenziale strumento preventivo più efficace, ma non è ancora chiaro se gli anticorpi prodotti in seguito all’esposizione al vaccino possano effettivamente proteggere contro l’infezione da SARS-CoV-2, o solo limitarne le conseguenze più gravi e letali.
Le misure di lockdown e distanziamento sociale stanno riducendo la diffusione dell’infezione nella popolazione di quasi tutti i paesi del mondo, anche se le conseguenze sociali e psicologiche della quarantena sono imprevedibili e potenzialmente severe(Brooks et al., 2020), e i danni economici sono evidenti ovunque nel mondo.
Con la riapertura delle attività produttive dopo l’estate 2020, si è verificata una inevitabile ripresa dei contagi da SARS-CoV-2 nella popolazione italiana. Fino a che la protezione vaccinale specifica non sarà diffusa a un’ampia fetta della popolazione, rimane cosa essenziale agire preventivamente per proteggere la popolazione al fine di mitigare l’impatto del virus nella prossima stagione autunnale e invernale.
Formula 1.
Un buono stato nutrizionale è fondamentale per un corretto funzionamento del sistema immunitario e per una efficiente risposta protettiva alle infezioni virali(Calder, Carr, Gombart, & Eggersdorfer, 2020). Secondo le più recenti evidenze disponibili in letteratura, la nostra formulazione (brevetto depositato) conterrà le seguenti sostanze nutritive:
a) Vitamina C (200 mg al giorno). La carenza di Vitamina C si associa a una ridotta funzione immunitaria e a una aumentata suscettibilità alle infezioni respiratorie (Carr & Maggini, 2017). Fin da 1940, numerosi studi hanno suggerito che l’assunzione di alte dosi di vitamina C potesse prevenire e ridurre gli effetti delle infezioni virali respiratorie. Una meta-analisi di 29 trials randomizzati contro placebo ha studiato gli effetti della somministrazione di una dose giornaliera di almeno 200mg di vitamina C in più di 11000 soggetti(Douglas, Hemila, Chalker, & Treacy, 2007; Douglas, Hemila, D’Souza, Chalker, & Treacy, 2004). La Vitamina C si è mostrata in grado di ridurre la durata e la gravità delle infezioni virali delle alte vie respiratorie, ma non di ridurne l’incidenza globale. Se l’assunzione della vitamina iniziava al momento dell’esordio dei sintomi dell’infezione, gli effetti benefici non erano presenti, suggerendo che una assunzione preventiva a lungo termine fosse necessaria. Dosaggi molto più alti (sopra i 2g al giorno), suggeriti da alcuni lavori, sono associati a fastidio gastrointestinale, per cui sono generalmente sconsigliati. Gli studi che hanno considerato elettivamente gli effetti della vitamina C sulla polmonite come conseguenza dell’influenza e di altre infezioni respiratorie sono più rari e dai risultati incerti(Padhani et al., 2020); ad ogni modo, studi svolti su centinaia di pazienti hanno riportato una minor incidenza di evoluzione in broncopolmonite nei soggetti che facevano profilassi con vitamina C(Gorton & Jarvis, 1999). Alcune evidenze hanno suggerito che la vitamina C potesse aiutare a ridurre le complicanze legate all’infezione da coronavirus della SARS del 2003 (Hemila, 2003). Attualmente non ci sono ancora evidenze che la supplementazione di Vitamina C possa ridurre le conseguenze negative dell’infezione da SARS-CoV-2, ma è in corso in Cina un grosso studio su pazienti affetti da COVID19 (Carr, 2020) (ClinicalTrials.gov: NCT04264533).
b) Zinco (10 mg al giorno). La supplementazione di Zinco è da lungo tempo considerata efficace nel ridurre la durata dei sintomi legati alle infezioni respiratorie virali. Lo zinco infatti è essenziale a mantenere la corretta funzione del sistema immunitario, e anche un lieve deficit di zinco può causare una ridotta funzione delle cellule immunitarie e una ridotta produzione di interleukina-2 (Keen & Gershwin, 1990) (Fraker, Jardieu, & Cook, 1987). Le evidenze cliniche a supporto dell’uso dello zinco per la prevenzione e il trattamento dei sintomi respiratori virali sono però contraddittorie. Mentre alcuni studi svolti nei bambini hanno mostrato una riduzione della durata e dell’incidenza di raffreddore nei soggetti che prendevano supplementi orali di zinco (Kurugol, Akilli, Bayram, & Koturoglu, 2006) (Eby, 2004) (McElroy & Miller, 2002), altri studi non hanno mostrato effetti significativi (Mossad, Macknin, Medendorp, & Mason, 1996).
c) Selenio (60 mcg al giorno). La carenza di selenio può associarsi a un indebolimento del sistema immunitario, che porta a una incrementata virulenza di molti virus, tra cui virus coxsackie, poliovirus e influenza (Beck, Levander, & Handy, 2003). La supplementazione di selenio, un microelemento essenziale, è in grado di aumentare l’efficacia del vaccino anti-influenzale e di migliorare in generale la risposta immunitaria contro le infezioni virali (Steinbrenner, Al-Quraishy, Dkhil, Wunderlich, & Sies, 2015) (Goldson et al., 2011).
d) Vitamina E (15 mg al giorno). La supplementazione di Vit. E in un importante studio svolto su quasi 700 anziani ospiti di case di riposo si associava a una riduzione netta del rischio di infezioni respiratorie sintomatiche (Meydani et al., 2004); l’effetto è mediato da un miglioramento della risposta citochinica alle infezioni (Belisle et al., 2010), da un potenziamento dell’immunità mediata dai linfociti T (Gardner, Bernstein, Dorfman, Abrutyn, & Murasko, 1997) e della produzione di anticorpi immunizzanti (Meydani et al., 1997), tutte funzioni che si riducono fisiologicamente con l’età.
e) Vitamina D (20 mcg al giorno). La Vit.D è fondamentale per una corretta funzione del sistema immunitario. Un possibile ruolo della supplementazione di Vitamina D nella prevenzione delle infezioni respiratorie è ancora oggetto di dibattito. Alcuni studi hanno dimostrato un effetto importante di riduzione dell’incidenza e della gravità dell’influenza in adulti e bambini (Urashima et al., 2010) (Sabetta et al., 2010), altri studi invece non hanno riportato nessun effetto benefico sulla prevenzione delle infezioni respiratorie (Urashima, Mezawa, Noya, & Camargo, 2014) (Sundaram et al., 2013). Una recente meta-analisi che ha incluso più di 25 studi (oltre 10000 pazienti totali) ha confermato un effetto modesto ma netto di riduzione dell’incidenza delle infezioni respiratorie in generale (-12%) (Martineau et al., 2017). Nei soggetti che partivano da uno stato carenziale, la riduzione delle infezioni respiratorie dopo supplementazione era ben superiore, con una diminuzione dei casi di infezioni respiratorie pari a quasi il 70%. La carenza di Vitamina D, ovvero la presenza di valori di sierici di 25-idrossi-Vit.D sotto i 30 nmol/L, ha una prevalenza molto elevata nella popolazione anziana (>65 anni di età), in particolare in Italia e in Spagna, dove i livelli medi sono rispettivamente 26 e 28 nmol/L (Lips et al., 2019). In Italia, oltre il 70% degli ospiti delle case di riposo mostrano una carenza di Vit.D(Isaia et al., 2003; Lips et al., 2019). Un recente studio ha evidenziato come i livelli sierici medi di 25-idrossi-Vit.D nei soggetti dei diversi paesi europei fossero inversamente correlati al numero dei casi e alla mortalità per COVID-19(Ilie, Stefanescu, & Smith, 2020): minori i livelli di Vit.D, come in Italia e in Spagna, maggiori i casi di infezione e la mortalità tra gli anziani. A conferma del possibile ruolo protettivo della Vit.D, un altro studio svolto in Svizzera ha mostrato che, tra i soggetti che hanno fatto il tampone per il COVID19, i livelli medi sierici di 25-idrossi-Vit.D erano significativamente inferiori nei soggetti che sono risultati positivi al virus(D’Avolio et al., 2020) rispetto a quelli il cui tampone ha dato esito negativo. La Vit.D potrebbe avere un ruolo particolarmente protettivo nei confronti dei coronavirus respiratori. Infatti, la Vit.D aumenta l’espressione della proteina ACE2(Cui et al., 2019), che è il recettore del virus SARS-CoV-2 sulle cellule umane(Wan, Shang, Graham, Baric, & Li, 2020). Contrariamente a quanto ci si attenderebbe, la presenza di un maggior numero di recettori sulle cellule bersaglio del virus non facilita l’infezione, ma si associa a un minor danno polmonare in caso di infezione da coronavirus (Kuba, Imai, & Penninger, 2006). L’espressione polmonare di ACE2 tende a ridursi con l’età ed è minore nei soggetti maschi (rispetto alle femmine) (Xie, Chen, Wang, Zhang, & Liu, 2006) e nei soggetti ipertesi: in generale, i soggetti più suscettibili a infezioni gravi da SARS-CoV-2 hanno livelli inferiori di ACE2 nei polmoni. Anche per questo motivo, la supplementazione di Vit.D potrebbe avere un particolare ruolo protettivo contro il COVID-19.
f) Vitamine e cofattori per il metabolismo energetico (L-Carnitina 68 mg, Niacina 23.5 mg, Vitamina B5 9 mg, Vitamina B6 3 mg, Vitamina B1 2.1 mg, Vitamina B2 2.1 mg, D-Biotina 45 mcg, Acido folico 400 mcg, Vitamina B12 1,5 mcg). Tutti questi micronutrienti sono fondamentali per una corretta funzione del sistema immunitario (Gombart, Pierre, & Maggini, 2020). La supplementazione di vitamine importanti per il metabolismo energetico (vitamine del gruppo B, acido folico, biotina, vitamina B12) non ha dimostrato una capacità evidente di ridurre la suscettibilità e l’incidenza delle infezioni del tratto respiratorio superiore e inferiore (Taneja et al., 2013) (Gariballa, Afandi, Abu Haltem, Yassin, & Alessa, 2013). Tuttavia, la somministrazione di queste vitamine e di L-carnitina ha mostrato la capacità di ridurre i sintomi legati all’affaticamento in pazienti affetti da infezioni virali o batteriche croniche (HCV, HIV, tubercolosi) (Malaguarnera et al., 2011) (Hatamkhani et al., 2013), per cui queste sostanze potrebbero ridurre la sensazione di astenia e di mancanza di forze che si associa spesso alle infezioni delle vie aeree. In questo senso, la supplementazione con le vitamine del gruppo B e con la carnitina potrebbe aiutare a prevenire e combattere l’insufficienza respiratoria che si associa ai casi gravi di COVID19, contribuendo al mantenimento dell’efficienza dei muscoli respiratori.
g) Acidi grassi Omega-3 (soluzione oleosa contenente almeno 250mg di EPA e DHA). Un basso livello dei livelli medi degli acidi grassi omega-3 nel plasma è stato riscontrato nella popolazione della maggior parte dei paesi del mondo (Stark, Van Elswyk, Higgins, Weatherford, & Salem, 2016). Oltre che al ben noto aumento del rischio cardiovascolare, la carenza di omega-3 si associa anche alla ridotta funzione del sistema immunitario. Queste molecole favoriscono la corretta risoluzione dei processi infiammatori e la riparazione dei danni tissutali, anche a livello dell’apparato respiratorio (Basil & Levy, 2016). Nell’ambito del COVID-19, questo effetto potrebbe contribuire a prevenire la tempesta citochinica (Mehta et al., 2020) e i danni al tessuto polmonare da parte delle cellule immunitarie, fenomeni che si verificano nei casi più gravi di infezione (Pedersen & Ho, 2020). Nei modelli animali, preparazioni di EPA e DHA hanno ridotto la gravità e accelerato la risoluzione della Sindrome da Insufficienza Respiratoria Acuta (ARDS) (Sekheri, El Kebir, Edner, & Filep, 2020), che si verifica anche nelle forme più gravi di COVID-19. Sono stati condotti anche numerosi studi nei pazienti con ARDS da varie cause, dove la supplementazione di omega-3 ha aumentato l’ossigenazione del sangue e ridotto la necessità di ventilazione meccanica, dell’insufficienza multi-organo e della mortalità, come mostrato in questa recente meta-analisi (Dushianthan, Cusack, Burgess, Grocott, & Calder, 2019). Pertanto, una supplementazione alimentare pari ad almeno 250mg di EPA e DHA è altamente raccomandata per garantire la corretta produzione di mediatori anti-infiammatori e supportare il corretto bilanciamento della risposta immunitaria, prevenendo l’eccessiva e dannosa attivazione dell’immunità cellulare che si verifica nei casi più severi di COVID-19.
Formula 2.
Indagini molecolari, studi in vitro e studi clinici hanno dimostrato che molti estratti vegetali posseggono una azione antivirale specifica, dovuta all’interazione inibitoria delle molecole in essi contenuti con le proteine dei virus. Per questa formulazione (brevetto depositato), abbiamo scelto e selezionato estratti vegetali che hanno mostrato azione per il benessere delle vie respiratorie. I componenti sono i seguenti:
a) Olii essenziali di Aglio (Allium sativum). Gli estratti di aglio (Allium sativum) sono largamente usati come supplementi alimentari per prevenire il raffreddore comune, ma le evidenze cliniche riguardo la loro reale efficacia in questo senso sono contrastanti(Josling, 2001; Lissiman, Bhasale, & Cohen, 2014). In vitro, gli estratti di aglio mostrano un potente effetto antibatterico, antifungino e antivirale, che si aggiunge al noto effetto antiinfiammatorio, antiossidante e anti-cancro tipico di questa pianta (El-Saber Batiha et al., 2020). In particolare, l’aglio presenta dimostrati effetti di inibizione della replicazione di virus coxsackie, herpes simplex (Tsai et al., 1985), virus HIV (Gokalp, 2018) e una potente azione limitante sul virus dell’influenza (Rasool et al., 2017). L’effetto anti-influenza dell’aglio è stato anche corroborato da studi clinici mirati, che hanno dimostrato una riduzione dell’intensità dei sintomi influenzali nei pazienti trattati(Nantz et al., 2012). Questi effetti antivirali sembrano essere dovuti alla presenza di numerosi composti nell’estratto di aglio, in particolare ajoene e allicina(Weber et al., 1992). L’aglio mostra una particolare efficacia anche contro la classe dei coronavirus (Mohajer Shojai, Ghalyanchi Langeroudi, Karimi, Barin, & Sadri, 2016). In particolare, l’aglio mostra una efficacia antivirale contro il coronavirus della SARS del 2003 (Vijgen et al., 2004); inoltre, un recente studio ha evidenziato una simile efficacia contro il SARS-CoV-2(Thuy et al., 2020). L’efficacia inibitoria dell’aglio contro il virus del COVID19 sembra essere mediata da una interazione diretta di alcuni completi presenti negli oli estratti dall’aglio (allil disulfuro e allil trisulfuro) con alcuni residui presenti sulla proteina ACE-2, il recettore cellulare del SARS-CoV-2 e con la principale proteasi del virus, l’enzima PDB6LU7. Questa interazione dovrebbe limitare la possibilità per il virus di internalizzarsi nelle cellule bersaglio, di fatto antagonizzando il processo infettivo(Khubber, Hashemifesharaki, Mohammadi, & Gharibzahedi, 2020). Inoltre, è noto da tempo l’effetto inibitorio dell’aglio sulla proteina ACE1, che è responsabile degli effetti anti-ipertensivi e cardioprotettivi degli estratti di aglio (Shouk, Abdou, Shetty, Sarkar, & Eid, 2014) (Rietz, Isensee, Strobach, Makdessi, & Jacob, 1993). Grazie ai suoi effetti metabolici e vascolari, l’aglio esercita una potente efficacia preventiva contro l’ipertensione arteriosa sistemica e polmonare e contro il diabete mellito di tipo II (Bombicz et al., 2017) (Oboh, Ademiluyi, Agunloye, Ademosun, & Ogunsakin, 2019). Poiché queste sono condizioni cliniche che si associano a forme gravi di COVID-19, questo effetto dell’aglio può essere utile anche nell’ottica di una prevenzione a tutto tondo contro l’infezione virale. Inoltre, l’inibizione di ACE1 da parte dell’aglio, come da parte dei farmaci anti-ipertensivi della classe degli ACE-inibitori, causa una aumentata funzione ed espressione di ACE-2 (Donoghue et al., 2000) in tutti gli organi, compreso il polmone. Poiché il danno polmonare da SARS-CoV-2 è in parte mediato dalla distruzione delle proteine ACE-2, una maggiore espressione della suddetta proteina dovrebbe proteggere contro le conseguenze più gravi dell’attacco virale (Gheblawi et al., 2020). A conferma di ciò, interrompere il trattamento con ACE inibitori nei pazienti COVID-19 ha dimostrato di avere effetti dannosi sulla prognosi (Rossi, Sanga, & Barton, 2020).
b) Estratto di Radice Liquirizia (Glycyrrhiza glabra) ricco in glicirrizina. Il principale componente attivo della radice di liquirizia è la glicirrizina, una sostanza di tipo saponinico che è responsabile del sapore dolciastro della liquirizia. La glicirrizina, ottenuta per macerazione a caldo delle radici di liquirizia, viene utilizzata nella medicina tradizionale come antitussivo, ma anche per limitare la sintomatologia associata alla gastrite e all’ulcera peptica gastro-duodenale, grazie alle sue proprietà anti-infiammatorie, anti-spastiche e antiproliferative(Pastorino, Cornara, Soares, Rodrigues, & Oliveira, 2018). Più recentemente, sono emerse anche marcate proprietà antivirali(Sun, Zhao, Lu, Yang, & Zhu, 2019). In particolar modo, la glicirrizina ha mostrato la capacità di migliorare il decorso delle infezioni croniche da virus dell’epatite C (HCV) (van Rossum, Vulto, de Man, Brouwer, & Schalm, 1998) e dell’epatite B (HBV) (Sun et al., 2019), ma ha mostrato anche una certa efficacia in vitro contro il virus dell’HIV(Fiore et al., 2008) e contro il virus dell’influenza(Michaelis et al., 2011). Di maggiore interesse ai fini della nostra preparazione, la glicirrizina ha mostrato una attività antivirale molto potente contro il coronavirus della SARS del 2003 (SARS-CoV) (Cinatl et al., 2003), molto maggiore rispetto a farmaci antivirali diretti come la ribavirina. Nei pazienti SARS, la glicirrizina ha mostrato la capacità di antagonizzare l’infezione sia in fase iniziale che in fase avanzata(Fujii, Nakamura, & Iwamoto, 2004). La glicirrizina potrebbe pertanto rappresentare un efficace strumento preventivo contro l’infezione da SARS-CoV-2(Luo, Liu, & Li, 2020). In aggiunta all’effetto antivirale aspecifico, la glicirrizina potrebbe avere una efficacia maggiore contro il SARS-CoV-2 per la dimostrata capacità di legare il recettore cellulare ACE-2 in vitro(H. D. Chen, Q., 2020). Inoltre, la glicirrizina potrebbe avere anche altri effetti benefici utili nell’infezione da coronavirus del COVID-19. La tempesta citochinica e l’eccessiva risposta infiammatoria che si verifica nei pazienti più gravi è la principale causa dell’esito infausto in questi pazienti(Huang et al., 2020). Per prevenire e limitare questa eccessiva risposta si usano comunemente i glucocorticoidi nei pazienti COVID-19. Tuttavia, i glucocorticoidi sono immunosoppressori e riducono o ritardano l’eliminazione del virus. La glicirrizina, invece, ha un effetto immunomodulatorio senza essere immunosoppressiva, per cui può essere capace di evitare l’attivazione eccessiva della risposta immune senza però limitare la naturale risposta al virus(Xu et al., 2018). Al contrario, l’effetto della glicirrizina potrebbe essere un potenziamento specifico dell’immunità cellulo-mediata spiccatamente antivirale, grazie al potenziamento della produzione di interferone endogeno(Abe, Ebina, & Ishida, 1982). L’interferone ha un potente effetto antivirale ed è stato impiegato con successo per trattare i pazienti con infezione da coronavirus della MERS (Middle East respiratory syndrome) (Omrani et al., 2014). La glicirrizina ha inoltre potenti proprietà antiossidanti, per cui potrebbe limitare l’accumulo di radicali dell’ossigeno (ROS) nelle cellule polmonari e immunitarie, limitando il danno polmonare e l’iperattivazione immunitaria indotta dai ROS (Tong et al., 2020) (Michaelis et al., 2011). La produzione eccessiva di muco nelle vie aeree può contribuire ad aggravare l’insufficienza respiratoria nei pazienti COVID-19 con forme più severe(Z. Xu et al., 2020). La glicirrizina inibisce la produzione di muco nelle vie aeree tramite la riduzione della trascrizione del gene MUC5AC(Nishimoto et al., 2010), potenzialmente contribuendo a ridurre il rischio di insufficienza respiratoria nel COVID-19. Infine, la glicirrizina è un inibitore della trombina, il principale enzima attivatore della coagulazione del sangue(Francischetti, Monteiro, & Guimaraes, 1997; Mendes-Silva et al., 2003). Poiché i casi più gravi di COVID-19 sono caratterizzati da una generalizzata attivazione della coagulazione con conseguenze trombotiche disseminate, l’inibizione della trombina da parte della glicirrizina potrebbe limitare questo grave aspetto dell’infezione da SARS-CoV-2. Per tutte queste ragioni, medicamenti a base di glicirrizina sono in fase di sviluppo in Cina per il trattamento del COVID-19 (L. Chen et al., 2020) e uno studio clinico è attualmente in corso (chictr.org.cn protocol number ChiCTR2000029768).
c) Estratto secco di Curcuma longa (Curcumina). Principale componente dell’estratto secco della radice di curcuma, la curcumina è una sostanza usata come colorante alimentare giallo (ad esempio nel curry). E’ parte essenziale della tradizione fitoterapica dei paesi del sud-est asiatico, dove viene usata per i calcoli biliari, i dolori reumatici, la sinusite, i disturbi mestruali e la tosse(Kumar A, 2015). La curcumina ha potere antiinfiammatorio, anti-proliferativo(Deguchi, 2015), analgesico, cardioprotettivo(Kim & Clifton, 2018) ma anche antimicrobico(Kumar A, 2015). La curcumina è in grado di regolare fattori di trascrizione (come NF-κB), citochine (IL6, TNF-α) e molecole di adesione (ICAM-1), essenziali al corretto funzionamento della risposta immunitaria agli insulti microbici o allergici. Pertanto, la curcuma ha un ruolo rilevante nella terapia di tutte le patologie dell’apparato respiratorio caratterizzate da risposte infiammatorie anormali, come l’asma, la fibrosi polmonare e la sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS) da cause diverse, incluse quelle virali(Lelli, Sahebkar, Johnston, & Pedone, 2017). In questo senso, la curcumina potrebbe avere un ruolo importante nella terapia dell’infezione da SARS-CoV-2, e preparazioni contenenti curcumina sono in fase di sviluppo per il trattamento della patologia polmonare da COVID-19 (L. Chen et al., 2020). In aggiunta agli effetti locali sull’apparato respiratorio, la curcumina si è dimostrata capace di ridurre il rischio di tempesta citochinica in gravi patologie virali come l’ebola (Sordillo & Helson, 2015) e potrebbe pertanto essere utile per prevenire questa gravissima complicanza del COVID-19. Infine, la curcumina possiede anche delle proprietà antivirali dirette, e si è dimostrata efficace in vitro e in vico contro molti virus diversi, come norovirus (Yang et al., 2016), zika e chikungunya (Mounce, Cesaro, Carrau, Vallet, & Vignuzzi, 2017), epatite B(Wei et al., 2017), dengue (Nabila et al., 2020; Padilla, Rodriguez, Gonzales, Gallego, & Castano, 2014), ma anche contro il coronavirus della SARS del 2003(Wen et al., 2007); con un meccanismo simile, la curcumina potrebbe avere un effetto diretto contro il virus SARS-CoV-2, grazie all’inibizione della proteasi principale virale(Huynh, Wang, & Luan, 2020).
d) Estratto di Scutellaria (Scutellaria baicalensis) ricco in baicalina. La radice di scutellaria è utilizzata regolarmente nella medicina tradizionale cinese per una varietà di scopi terapeutici. I composti flavonoidi e terpenoidi estratti dalla pianta posseggono una varietà di funzioni farmacologiche inclusi effetti sul sistema nervoso centrale (antidepressivo), sull’apparato gastroenterico (antiemetico, epato-protettivo), efficacia antiossidante e antitumorale, ma anche alcuni comprovati effetti antivirali(Zhao et al., 2019). In particolare, è stata identificata una azione antivirale contro l’infezione da Coxsackievirus B3 responsabile di miocardite(Fu, Gao, Fu, Meng, & Lu, 2019), contro alcuni enterovirus responsabili di gastroenterite(Li et al., 2015) e contro il virus dell’influenza(Zhi et al., 2019). Per quanto riguarda il virus SARS-CoV-2, è stato dimostrato un possibile effetto antivirale del composto baicalina, uno dei principali flavonoidi della scutellaria, grazie all’interazione dello stesso con il sito di legame del virus sulla proteina umana ACE-2 (H. D. Chen, Q., 2020). Inoltre, baicalina ha una certa efficienza di legame anche con la proteasi principale del SARS-CoV-2, una proteina essenziale all’ingresso del virus nelle cellule bersaglio(Islam et al., 2020). A riprova di questa efficacia, la baicalina ha mostrato anche una comprovata efficacia antivirale contro l’infezione da coronavirus della SARS del 2003(F. Chen et al., 2004).
e) Quercetina. Si tratta di un flavonoide presente in numerose specie vegetali, particolarmente abbondante nei capperi, nell’uva e nel mirtillo(Wang, 2000). Ha un marcato effetto antiossidante, per cui viene utilizzata come potenziale agente anti-cancro e anti-infiammatorio(Lamson & Brignall, 2000). Ha effetti antivirali dimostrati contro l’epatite C(Lu et al., 2016), l’epatite B(Lee et al., 2015), gli enterovirus (Yao et al., 2018) e il virus dell’influenza (Wu et al., 2015). La quercetina ha dimostrato anche un possibile potenziale antivirale contro l’infezione da SARS-CoV-2(Mani et al., 2020; Zhang, Wu, Zhang, Deng, & Peng, 2020), grazie al legame diretto con le proteine virali, in particolare la proteina 3CLpro(Diniz, Souza, Duarte, & Sousa, 2020). Inoltre, la quercetina ha anche la capacità di modulare la risposta immunitaria evitando l’eccessiva attivazione del sistema e il conseguente danno autoimmune (Khan et al., 2019). Infine, la quercetina potrebbe anche essere utile per prevenire gli effetti vascolari e pro-trombotici del coronavirus(Tome-Carneiro & Visioli, 2016) (Diniz et al., 2020).
Autore
Dottor Raffaele Coppini, Università di Firenze dipartimento di NeuroFarBa
Curriculum Vitae Raffaele Coppini
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