Long Covid
Affaticamento cronico, dolori muscolari e nebbia cognitiva sono tra i suoi sintomi. Possono essere ridotti con gli integratori nutraceutici? Rispondiamo ai tuoi dubbi.
Fin dai primi mesi della pandemia da COVID19, è emerso chiaramente che in una percentuale significativa di pazienti guariti dalla malattia acuta persistono sintomi di differente natura e gravità, che durano anche per molti mesi dopo la negativizzazione del tampone e la scomparsa dell’infezione acuta.
Il termine “Long COVID” è nato dai pazienti più che dalla comunità medico-scientifica1, e racchiude in se almeno quattro differenti quadri sindromici clinicamente riconosciuti, ovvero:
- il danno d’organo cronico (conseguenza delle forme gravi, con persistenza di sintomi polmonari)
- la sindrome post- terapia intensiva (tipica dei pazienti che hanno fatto lunghi periodi in terapia intensiva sedati e con ventilatore)
- la sindrome da fatica cronica post-virale (tipica di molti virus e non solo del SARS-CoV2)
- la sindrome post-COVID19 propriamente detta (che comprende una sintomatologia più variegata)2.
Negli ultimi mesi, il “Long COVID” è stato inquadrato clinicamente con il nome di PASC (“post-acute sequelae of SARS-CoV-2 infection”), che comprende tutti i sintomi significativi che persistono oltre il 21esimo giorno dalla negativizzazione del tampone 3-5.
La genesi della sintomatologia continuativa non è ancora chiara, ma è sicuramente legata a una persistenza di infiammazione cronica, soprattutto a livello del sistema nervoso centrale e dei vasi ematici 6.
Un recente studio ha stabilito che, sebbene quasi il 25% dei guariti lamenti una persistenza di sintomi, la comparsa di una nuova condizione clinicamente dimostrabile e inquadrabile come PASC si ha in circa il 13% dei guariti.
In generale, il Long COVID è circa 4 volte più probabile nelle donne che negli uomini, più frequente nei soggetti sovrappesi, obesi o diabetici; inoltre, è paradossalmente più frequente nei soggetti di età inferiore ai 50 anni rispetto ai soggetti più anziani4,7.
Quali sono i sintomi principali associati alla sindrome Post-COVID?
Recenti studi hanno mostrato che i sintomi prevalenti sono cambiati con il cambiamento della variante prevalente del virus 6,8-10.
Per coloro che hanno contratto la malattia nel corso del 2020 (variante originale di Wuhan), i sintomi persistenti principali sono:
- affaticamento (37%)
- difficoltà respiratorie (37%)
- insonnia (16%)
- alterazioni del gusto fino alla perdita totale del gusto (11%)
- alterazioni o perdita dell’olfatto (10%)
- nebbia cognitiva (“brain fog”) (10%)
- dolori muscolari (4%)
- ansia/depressione (6%)
Invece, coloro che hanno contratto l’infezione tra la fine del 2020 e Aprile 2021 (Variante Alpha) i sintomi persistenti principali sono:
- affaticamento (40%)
- difficoltà respiratorie (45%)
- nebbia cognitiva (18%)
- dolori muscolari (10%)
- depressione (15%)
- insonnia (1%)
- la perdita del gusto (2%) o dell’olfatto (4%)
Per coloro che hanno invece contratto per prima la variante Delta (Aprile-Novembre 2021) i sintomi persistenti principali sono:
- affaticamento (55%)
- difficoltà respiratorie (45%)
- nebbia cognitiva (28%)
I dati dei pazienti che hanno contratto per prima la variante Omicron non sono ancora disponibili.
Sintomi post covid cosa fare
In assenza di una terapia farmacologica efficace, i sintomi della sindrome Post-COVID possono essere ridotti grazie all’uso di integratori nutraceutici.
Affaticameno cronico e dolori muscolari
Acido folico e vitamina B12 sono vitamine essenziali per la funzione del sistema nervoso, dei muscoli e per un adeguato ricambio delle cellule del sangue. Sono prevalentemente assunte con le carni, i latticini e le uova, per cui la loro carenza è molto frequente11. La carenza di B12 e folati ha conseguenze dannose sulla funzione dei nervi periferici, causa anemia, alterazioni cognitive e stanchezza cronica.
Il coenzima Q10 (ubiquinone) è una sostanza presente in tutte le cellule dell’organismo essenziale per le reazioni del metabolismo energetico ossidativo mitocondriale, e dotata di una spiccata funzione antiossidante; è particolarmente importante nel sistema nervoso centrale, nel cuore e nei muscoli. Esso si trova nelle carni, nei latticini ma anche negli oli vegetali, per cui una sua carenza assoluta è molto rara12. Tuttavia in caso di stress continuativo si può instaurare una carenza relativa di Coenzima Q10, con effetti sul sistema nervoso e sulla forza muscolare.
Per queste ragioni, la supplementazione integrativa di folati, vitamina B12 e coenzima Q10 può prevenire gli effetti deleteri dell’infiammazione cronica sul sistema nervoso e sui muscoli, potenzialmente riducendo la sensazione di stanchezza.
La supplementazione di Coenzima Q10 si è mostrata capace di ridurre la stanchezza nei pazienti con sindrome da stanchezza cronica post-virale causata da diversi agenti13, ma anche nei pazienti con stanchezza da altre cause organiche, come i pazienti con sclerosi multipla14 o lupus eritematoso sistemico15.
Infine, la supplementazione di vitamina B12 e di coenzima Q10 riduce molti dei sintomi caratteristici dei pazienti con fibromialgia come la stanchezza e i dolori muscolo-articolari16,17, che approssimano molto quelli caratteristici della stanchezza post-COVID.
Tra gli estratti vegetali con potenzialità fitoterapiche, va menzionata anche la radice di Ashwaganda (Withania somnifera), il cui estratto ha potenti effetti ansiolitici e di potenziamento cognitivo. Inoltre, la Ashwaganda ha mostrato la capacità di migliorare la qualità del sonno in pazienti con disturbi del sonno e sonno non ristoratore18, riducendo la stanchezza durante il giorno. Essa ha mostrato anche effetti positivi sulla stanchezza indotta da malattie oncologiche19.
L’estratto della radice di Maca (Lepidium meyenii) ha una importante funzione energizzante e di potenziamento sessuale, oltre a importanti effetti sull’umore (efficacia antidepressiva e ansiolitica20) e una riduzione della sensazione di stanchezza. La Maca inoltre ha una spiccata azione rinvigorente, in quanto stimola la gluconeogenesi, cioè la produzione di glucosio, e la glicogenosintesi, a livello muscolare, rendendo disponibile per il sistema nervoso e per i muscoli una fonte di energia rapidamente disponibile, prevenendo quindi la carenza energetica che può instaurarsi a seguito di attività fisica o di stress prolungato.
Infine, l’estratto di Guaranà (Paullinia cupana), per la sua funzione energizzante, è stati usato con successo per ridurre la depressione e l’astenia legate a dolore cronico in pazienti con varie patologie tra cui gli oncologici21, e pertanto mostra un elevato potenziale la riduzione della stanchezza indotta dallo stress psicofisico.
Anche lo zenzero ha mostrato la capacità di ridurre non solo la nausea ma anche la stanchezza in pazienti oncologici in trattamento chemioterapico22.
In definitiva, l’assunzione di estratti di Ashwaganda, Maca, Guaranà e Zenzero ha il potenziale di prevenire la stanchezza e il dolore muscolare, nonché di ridurre lo stress e l’ansia.
Nebbia cognitiva
Si tratta della sintomatologia di più difficile inquadramento, perché si può presentare con differenti aspetti, includendo:
- problemi della memoria
- difficoltà di concentrazione e attenzione
- difficoltà a trovare e ricordare le parole
- difficoltà del sonno, sonno disturbato e sogni vividi
- irritabilità, aggressività
Uno studio recente ha mostrato che i pazienti che hanno contratto il covid hanno tipiche alterazioni in alcune regioni cerebrali evidenziabili alla risonanza del cranio 23.
Alcuni integratori dietetici possono migliorare tali sintomi. Tra le vitamine, la vitamina C, le vitamine B6 e B12, la tiamina e la niacina sono particolarmente indicate per un buon funzionamento del sistema nervoso: unite all’acido folico sostengono le funzioni neuronali e quindi permettono il mantenimento di una corretta funzione cognitiva.
La carenza di B12 e folati ha conseguenze dannose sulla funzione dei nervi periferici, causa anemia, alterazioni cognitive e deficit attentivi11. Anche il coenzima Q10, per la sua azione antiossidante, può migliorare la funzione nervosa ed evitare deficit cognitivi transitori.
Anche la supplementazione di Vitamina D nei soggetti con carenza assoluta o relativa, può ridurre i sintomi cognitivi e aumentare l’attenzione, come dimostrato in soggetti con ADHD24.
Importanti benefici possono essere ottenuti inoltre tramite l’assunzione di estratti fitoterapici. L’estratto di Bacopa Monnieri è stato sperimentato in numerosi trials clinici per i suoi effetti di miglioramento cognitivo (nootropi)25, in soggetti sani o con diverse patologie. Esso si è mostrato capace di incrementare la memoria a breve termine e la rapidità dell’attenzione e della concentrazione mentale26. Il miglioramento della memoria è dovuto ad effetti diretti dei principi attivi dell’estratto (bacosidi) sul potenziamento post-sinaptico a lungo termine a livello ippocampale27. Inoltre, esso riduce l’infiammazione a livello cerebrale e migliora la sopravvivenza di neuroni e cellule di supporto (glia)28.
Anche la Centella Asiatica mostra capacità nootropiche ed è in grado di migliorare la memoria operativa, aumentare l’attenzione e lo stato di veglia e ridurre l’aggressività29; infatti, è tra gli estratti vegetali consigliati per la terapia di supporto nell’Alzheimer30. I meccanismi sono molteplici: l’azione antiossidante e trofica per i mitocondri migliora la funzione e la sopravvivenza dei neuroni31, e l’antagonismo della deposizione delle fibrille beta-amiloidi attenua la degenerazione neuronale e migliora il loro stato energetico32.
La curcumina, la sostanza attiva principale contenuta nel rizoma della curcuma, è stata sperimentata per la prevenzione del declino cognitivo età-correlato. I risultati sono positivi sebbene il numero limitato di studi non permetta una valutazione conclusiva degli effetti33. Esperimenti in primati non umani hanno dimostrato che la curcumina aumenta la memoria operativa spaziale34 e incrementa la densità della sostanza grigia corticale e l’integrità della sostanza bianca sottocorticale35.
L’estratto di Ashwaganda ha mostrato in uno studio su soggetti sani la capacità di migliorare l’attenzione, le funzioni esecutive e la rapidità di elaborazione delle informazioni36. In numerosi modelli animali di deficit cognitivo, l’estratto di Ashwaganda si è dimostrato capace di migliorare la funzione e la sopravvivenza neuronale, nonché i parametri funzionali nei test cognitivi37. Gli effetti antiossidanti, immunomodulatori e antiinfiammatori dell’estratto contribuiscono alla neuroprotezione e sono alla base degli effetti osservati38.
L’estratto di Piper Nigrum, e in particolare il suo principale alcaloide attivo, la piperina, si sono dimostrati capaci di migliorare l’attenzione a lungo termine e la capacità di concentrarsi su compiti complessi in giovani adulti con carenze attentive39. La piperina ha effetti neuroprotettivi diretti e previene la degenerazione neuronale nell’Alzheimer40. Inoltre, la piperina ha importanti effetti sullo stato dell’umore, mostrando effetti ansiolitici e antidepressivi, con conseguente miglioramento delle capacità funzionali e di attenzione41.
Anche l’estratto della radice Maca (Lepidium meyenii) ha importanti effetti sull’umore (efficacia antidepressiva e ansiolitica20), e si è mostrata in grado di migliorare la funzione e la sopravvivenza neuronale a causa degli effetti benefici sulla funzione mitocondriale e alla stimolazione dell’autofagia42.
Infine, l’estratto di Guaranà (Paullinia cupana), per la sua funzione energizzante e neurostimolante, viene comunemente usata per la sua azione di potenziamento cognitivo. L’estratto di Guaranà è superiore al ginseng nel determinare un miglioramento delle prestazioni a test cognitivi in soggetti sani, e questo effetto benefico è indipendente dal contenuto di caffeina del guaranà, che è molto modesto43. L’estratto di guaranà migliora il senso di veglia, la risposta agli stimoli e la memoria a breve termine nei soggetti trattati44.
Autore
Dottor Raffaele Coppini, Università di Firenze dipartimento di NeuroFarBa
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